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Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri

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A volte, a seguito della somministrazione dei diuretici, la funzione renale può ridursi quando il volume urinario supera il tasso di riempimento del compartimento vascolare dallo spazio interstiziale . In questi casi sono utili dosi refratte, anche se a dosaggio singolo ridotto. In caso di insuccesso nella ripresa della diuresi o per un suo potenziamento, può essere utile l’associazione con un tiazidico e/o di un anti-aldosteronico.

L’ascite “apparentemente” refrattaria, in caso di inadeguata restrizione del sodio nella dieta. I controlli degli esami ematici e i controlli clinici, devono essere frequenti, particolarmente nei primi giorni/settimane dall’inizio della terapia. L’effetto ipo-sodiemico, determinato da entrambi, si somma, limitandone l’impiego alle dosi più elevate. Usati in associazione, iper-potassiemia provocata dai diuretici anti-aldosteronici e ipopotassiemia dovuta ai diuretici dell’ansa, spesso si compensano in modo soddisfacente. Le dosi, sia dell’uno sia dell’altro, saranno gradualmente aumentate (ogni 3-5 giorni) fino a ottenere la riduzione e, auspicabilmente, la scomparsa dell’ascite. In molti casi, dunque, si inizia da subito con l’associazione di un diuretico anti-aldosteronico e un diuretico dell’ansa.

Esiste una comprensibile ritrosia del medico nell'impiego deibeta-bloccantinei pazienti diabetici a causa degli ipotetici effetti metabolici, soprattutto della possibilità di mascherare episodi ipoglicemici o della teorica complicazione a carico di arti ischemici. Alla prova dei grandi numeri queste riserve non si concretizzano in un aumento di rischio, ponendo nuovamente questa classe di farmaci all'attenzione del medico anche nei pazienti diabetici e specialmente nel diabetico cardiopatico. I benefici raggiunti con il sildenafil, miglioramento del “walk test” a 6 minuti e riduzione delle resistenze vascolari polmonari, evidenziatesi dopo 3 mesi di terapia, si sono mantenuti fino a 12 mesi (Ghofrani et al., 2003).

Le alterazioni della sodiemia e della potassiemia sono di frequente riscontro nella pratica clinica, manifestandosi in condizioni cliniche molto comuni quali lo scompenso cardiaco e la cirrosi epatica, nelle quali sono quindi in una certa misura "attese" dal curante. In pazienti con scompenso cardiaco ipertensivo è possibile utilizzare i diuretici tiazidici (es. metolazone, idroclorotiazide) per il loro maggior effetto antipertensivo nel tempo. La ESC non suggerisce di eseguire test per la funzione polmonare poiché poco utili nella diagnosi di scompenso cardiaco. Tuttavia questo tipo di esami sono comunque da tenere presente nel caso sia necessario escludere cause polmonari di dispnea. Ricoveri con diagnosi di edema polmonare (cod. 518.4) o insufficienza renale acuta (cod. 584).

Una leggera aspirazione una volta che l'ago è in sede serve a garantire l'assenza di lesioni vascolari1. Se compare immediatamente dolore, è possibile che l'ago sia stato inserito nel muscolo. Se è presente un sanguinamento nel punto d'iniezione, un vaso può aver subito un danno. L'iniezione deve essere praticata lentamente nel caso della perfusione; il catetere deve potersi muovere liberamente tra la pelle e il muscolo sottostante.

Nei pazienti gravemente ipoalbuminemici si può tentare l’associazione furosemide-albumina somministrati sotto forma di pre-miscela o in somministrazione contemporanea. In conclusione, l’uso dei diuretici in corso di malattie renali richiede esperienza, conoscenze farmacologiche ed avvedutezza terapeutica. I pazienti partecipanti allo studio clinico STARTS-1 sono stati arruolati in un secondo studio clinico di estensione a lungo termine. I bambini in terapia con sildenafil hanno continuato a ricevere il farmaco allo stesso dosaggio, mentre i pazienti del gruppo placebo sono stati randomizzati in uno dei tre gruppi di trattamento con sildenafil. Lo studio di estensione prevedeva una prima fase in cieco e una seconda fase in aperto.

Come tutte le classi di farmaci di introduzione più recente, la classe degli inibitori dei recettori periferici dell'angiotensina, i cosiddetti "sartani", è tuttora alla ricerca della adeguata documentazione necessaria per la validazione dei dati preliminari. A tutt'oggi i risultati sembrano promettenti soprattutto per la nefropatia e cominciano ad essere disponibili dati favorevoli per gli esiti cardiovascolari. Questi dati aspettano la prova del tempo ed il confronto diretto con gli ACE inibitori sugli esiti cardiovascolari maggiori. La validità delle fonti di informazione è tuttavia un requisito irrinunciabile senza il quale il lavoro del medico rischia di essere poco utile o addirittura dannoso. Ogni studio dovrebbe essere letto ed analizzato per la qualità e per le implicazioni pratiche nel trattamento in condizioni "reali". Se è sufficiente modificare l’orario in cui si assume un farmaco per ottenere questi risultati è arrivato il momento di farlo!

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